Rispondere con prese di posizione soggettive alle sfide dei tempi è una procedura tipica dei modelli culturali tradizionali. All’insieme di prese di posizione soggettive consegue la creazione di un insieme variegato di “scenari” privi di carattere scientifico. Corrispondentemente a questi “scenari” si sviluppano insiemi di ruoli sociali attribuiti a altrettanti insiemi di soggetti che operano come moderni aruspici, i quali non si sottraggono alla formulazione di pronostici fondati su informazioni tanto parziali da rendere le probabilità soggettive usate del tutto inaffidabili. A questi ruoli sociali vengono demandate le funzioni concernenti la definizione delle linee di comportamento futuro, indispensabili per orientare le dinamiche sociali. È questo il punto nevralgico della cultura umana di tutte le epoche storiche, che ha sempre dato luogo e dà luogo tuttora a dispute, le quali si riflettono in termini di conflitto sul piano sociale e politico. Questa situazione si riscontra in tutti gli spazi sociali, a partire dai contesti educativi e formativi, fino allo stesso contesto democratico. Ciò posto, possiamo dire che la storia umana è data da un insieme di posizioni soggettive presumibilmente tutte orientate verso l’obiettivo primario del controllo sociale. Nelle diverse epoche storiche, alcune di queste prese di posizione soggettive si sono più o meno imposte e rafforzate, giungendo a influenzare e allargare lo stesso spazio politico, che ha acquisito in tal modo una estensione priva di connotazioni connesse alla analisi del comportamento formulata su basi scientifiche.
Solo mediante la teoria degli interessi e la contestuale scienza del comportamento si riesce a dar conto della erroneità di tutte le prese di posizione che fondano la anomala considerazione della realtà sociale e politica in termini di contrapposizione e di conflitto, offrendone una rappresentazione radicalmente alterata, tanto da non riuscire a spiegare il concetto stesso di “organizzazione”. In una prospettiva più specifica, posto che analizzare la realtà sociale implica necessariamente anche influire su questa realtà (in quanto gli organismi umani nel percepire la realtà sociale determinano un adeguamento dei propri comportamenti a questa percezione – fatto che non avviene con riferimento agli eventi fisici), si può affermare che solo mediante la teoria degli interessi e la contestuale scienza del comportamento si riesce a fare emergere il contesto reale delle interazioni sociali e a esplicare le problematiche organizzative nella loro dimensione formulata in termini di razionalità scientifica.
Nella attuale società globalizzata, propiziata primariamente dalla conoscenza scientifica, la prospettiva del “secondo me” si è così diffusa tanto da mettere in discussione lo stesso paradigma metodologico sul quale la scienza (ivi compresa la stessa scienza del comportamento) è fondata. Contestare la scienza significa non tener conto del fatto che il nuovo paradigma metodologico, che Galileo per primo ebbe la forza e la capacità di realizzare, è l’unica proposta innovativa nella storia della umanità che ha aperto la strada, nel senso più generale e profondo, alla società moderna. Conseguentemente quest’ultima dovrebbe essere fondata sul concetto basilare di “razionalità scientifica”. Senza l’apertura innovativa operata da Galileo non sarebbe stata possibile e certo neppure immaginabile l’ulteriore apertura innovativa operata da Darwin. Ciò posto, le opere di Galileo e di Darwin risultano tra loro strettamente e indissolubilmente connesse.
In una prospettiva che superi il senso comune e riformuli su basi galileiane e darwiniane le modalità esplicative che gli organismi umani possono utilizzare per esaminare e realizzare le proprie azioni, risaltano le inconsistenze tra i vari metodi di ricerca formulati su basi diverse dal metodo scientifico galileiano. Queste inconsistenze si riflettono sulle attuali discipline sociali, tutte orientate a definire in modo esclusivo i propri confini in base a metodi di ricerca fondati sul più generale concetto di relativismo metodologico. Infatti nella prospettiva scientifica, la quale presuppone che allo studio degli organismi umani si applichino le stesse metodologie di ricerca usate per le scienze della natura, l’organismo umano non può essere segmentato in specifiche e diverse tipologie, autonome e disgiunte, di comportamenti, corrispondentemente ai confini che allo stato attuale della conoscenza caratterizzano le molteplici discipline sociali (quali il diritto, l’economia, la psicologia, la sociologia, la teoria matematica dei network sociali) e ne impediscono qualsiasi integrazione.
Sintetizzare a questo punto i processi storici che si sono manifestati a proposito delle modalità con cui alcune discipline si sono rafforzate a scapito di altre è estremamente difficile, perché implicherebbe una rivisitazione di tutti i processi che hanno segnato lo svolgimento dell’intera cultura umana.
Ciò che a uno studioso del comportamento appare per lo meno strano è dato dal fatto che le molteplici discipline sociali sono talmente differenziate e definite nei loro confini, tanto da non riconoscere al comportamento una sua dimensione inoppugnabile, che esso possiede come evento biologico. Questa situazione è così profondamente generalizzata, anche nel mondo moderno, da determinare una forte contrapposizione alla scienza del comportamento. Gli stessi nomi di Galileo e di Darwin tendono a essere in linea di principio esclusi dalla “vulgata lessicale” dei nostri giorni.
Occorre pertanto riportare gli oggetti di studio delle molteplici discipline sociali a una comune partizione operata nell’ambito del più vasto insieme caratterizzato dal predicato “comportamento” (individuale e/o sociale); occorre cioè rendere compatibili i linguaggi delle discipline sociali con un sistema coerente di assiomi, scientificamente fondati, ai quali tutte le proposizioni contenute nei costrutti linguistici di queste discipline possano essere logicamente riconducibili. In questa ricostruzione dei diversi campi di conoscenza sta il significato della “integrazione” delle discipline sociali, che in una prospettiva di analisi dell’organismo umano fondata su basi galileiane e darwiniane deve essere in linea di principio proposta e attuata. Un concetto, questo di “integrazione”, radicalmente diverso da quello di “interdisciplinarità”, che si muove invece nel solco delle metodologie di ricerca del senso comune, sulle quali poggiano gli attuali confini delle stesse discipline sociali.
TEORIA DEGLI INTERESSI E STRUTTURA DELLA INTERAZIONE SOCIALE
Un tentativo di chiarificazione volto a definire lo stato attuale della conoscenza dell’organismo umano e della società, un impegno cioè indirizzato a capire meglio le metodologie e gli obiettivi delle discipline sociali e la loro persistente arretratezza, può sembrare superfluo ai fautori di un pragmatismo fine a sé stesso, ma è in realtà indispensabile. Il fattore conoscitivo, infatti, direttamente influenza, o dovrebbe influenzare, ogni nostro comportamento rendendolo razionale. Il postulato della razionalità, che è ormai accettato e generalizzato per quanto concerne i fenomeni naturali, è visto ancora con diffidenza con riferimento ai fenomeni sociali e questo segna il diverso grado di sviluppo e di consapevolezza dei nostri comportamenti a seconda che essi abbiano a oggetto i fenomeni naturali o i fenomeni sociali. La teoria degli interessi esprime in termini di razionalità conoscitiva le varie tipologie di interazione sociale e conseguentemente risponde alla esigenza metodologica di rendere i linguaggi delle discipline sociali compatibili con un comune sistema di assiomi, conforme alla sintassi e alla semantica del linguaggio scientifico.
In sintesi, la teoria degli interessi presenta un carattere strutturale e un carattere dinamico mediante i quali possono essere esplicate in termini scientifici tutte le possibili ipotesi di interazione sociale, riconducendole a due forme basilari:
il coinvolgimento positivo tra due interessi (comportamenti) di due soggetti e la corrispondente interrelazione congiunta (che riformula il concetto, tipico del linguaggio comune, di “cooperazione”);il coinvolgimento negativo tra due interessi (comportamenti) di due soggetti e la corrispondente interrelazione disgiunta (che riformula il concetto, tipico del linguaggio comune, di “conflitto”).
Mediante ulteriori specificazioni logiche è possibile definire situazioni di interazione sociale sempre più articolate:
l’organizzazione;il potere (tipico delle istituzioni);
lo scambio (tipico del mercato);
tutti i fenomeni tipici delle strutture sociali, quali il pluralismo e la democrazia (e le sue disfunzioni fra cui l’appropriazione-espropriazione delle funzioni pubbliche), le classi sociali, il potere deviante e le varie forme di deviamento.
La teoria degli interessi e la scienza del comportamento si sono sviluppate con modalità e obiettivi conoscitivi diversi. La teoria degli interessi si è sviluppata con l’obiettivo di spiegare tutte le possibili caratterizzazioni del comportamento umano in modo unitario, nel tentativo di costruire un insieme coerente riconducibile ai due basilari concetti di “coinvolgimento positivo” e di “coinvolgimento negativo”. La scienza del comportamento si è sviluppata con l’obiettivo di porre il comportamento stesso come fattore da analizzare su un piano strettamente sperimentale. Solo successivamente è apparso evidente il collegamento tra i due diversi paradigmi (teoria degli interessi e scienza del comportamento), che come già detto si completano reciprocamente mediante una relazione di corrispondenza.
La scienza del comportamento, allo stato attuale della conoscenza, ci consente di dare come acquisiti i seguenti fatti:
La economia è la disciplina sociale più sviluppata sul piano sintattico, in quanto la coerenza del linguaggio economico è garantita dall’uso della matematica e, nella sua versione più moderna, dalla assiomatizzazione operata da Debreu in termini algebrici e topologici. Tuttavia, la interpretazione semantica del linguaggio economico non è altrettanto garantita, in quanto manca una verifica sperimentale che renda univoca questa interpretazione, nonostante i molti tentativi che sono stati fatti e che tuttora vengono fatti.
Lo stesso può dirsi con riferimento alla analisi dei social network, che elabora modelli formali (matematici e stocastici) di comportamenti, la cui interpretazione semantica è però data in termini di esemplificazioni tratte dal senso comune.
La scienza del comportamento mostra che anche gli esperimenti economici basati sulla teoria dei giochi realizzano (attraverso la ripetizione dei comportamenti) processi di apprendimento per prove ed errori che sono ostacolati o facilitati da fattori quali la storia passata dei soggetti e le particolari interazioni sociali (stimoli comportamentali esterni) che rinforzano i comportamenti operanti degli stessi soggetti.
Stando così le cose, può essere riconosciuta alla teoria economica unicamente una valenza normativa. Questo significa che l’economia deve essere appresa affinché possa aversi un riscontro della stessa nel contesto sociale.
Il discorso è scientifico quando il contesto teorico dello stesso discorso corrisponde al contesto sperimentale. In questo modo, possono essere analizzate le variabili nascoste, che in altro modo non riusciremmo a conoscere. La scienza del comportamento individua variabili nascoste, così come la scienza naturale approfondisce il campo delle variabili nascoste con riferimento alla fisica. Dobbiamo perciò supporre che applicando il metodo scientifico alle problematiche sociali potremmo riuscire a impostare queste problematiche in modo radicalmente diverso rispetto a quanto avviene nell’ambito del senso comune.
La contraddizione fondamentale del periodo storico attuale (stranamente inavvertita dalla cultura corrente) è data dal fatto che nel comportamento umano coesistono due tendenze tra loro antitetiche: la prima che si specifica in un insieme di operazioni rigorosamente conformi ai dettami della scienza sperimentale, ormai attestata su molti campi basilari della nostra esistenza; la seconda che su campi altrettanto importanti si specifica in azioni che utilizzano in modo irrazionale e distorto le tecnologie messe a nostra disposizione dalla scienza o non le utilizzano affatto. In sintesi, una situazione particolare di “dissonanza”, che la cultura attuale non mostra di avvertire, tra conoscenza (scientifica) della natura e conoscenza (ascientifica) degli organismi umani. È quest’ultima la situazione in cui si trova attualmente la scienza del comportamento, che potrebbe dare un contributo decisivo alla soluzione di numerosi problemi della nostra società, ma che invece viene ignorata e respinta per lasciare spazio ai giudizi di valore, cioè alle opinioni per definizione soggettive, che sono costantemente applicate nel campo delle scelte individuali e collettive.
In generale, le opinioni non hanno “valenza” conoscitiva perché ogni opinione ha per definizione lo stesso valore della sua negazione, mentre la scienza è tale in quanto ogni sua proposizione non può avere per definizione la stessa “valenza” conoscitiva della sua negazione, cioè nessuna proposizione della scienza può essere sostituita dalla sua contraria.
Il linguaggio scientifico è univoco e consistente, mentre i giudizi di valore non sono univoci e possono essere contraddetti.
Alcune problematiche della teoria degli interessi e della contestuale scienza del comportamento, utilizzate anche per esplicare diversi modelli di organizzazione sociale, sono affrontate in una videointervista pubblicata sul canale di History of Behavior Analysis.
La teoria degli interessi esprime il paradigma di riferimento su cui fondare la integrazione scientifica delle discipline sociali. Essa è formulata in un linguaggio assiomatizzabile che presenta, come ogni linguaggio, un aspetto sintattico e una interpretazione semantica riferita alla sintassi medesima. Nota
Nota sulla struttura astratta e sulla interpretazione semantica del linguaggio scientifico
Nel caso della fisica risulta più evidente la esigenza di rappresentare il corrispondente linguaggio astratto non tanto in termini logico-formali, quanto in termini più rigorosamente matematici. Al contrario, nel caso delle discipline riconducibili ai fenomeni biologici, l’aspetto astratto può essere inteso in termini logico- formali, ma non necessariamente in termini rigorosamente matematici.
Nella teoria degli interessi entrambi gli aspetti sono conformi ai criteri tipici del linguaggio della scienza. L’aspetto sintattico esprime la struttura logico-formale della interazione sociale in termini di relazioni tra interessi. La interpretazione semantica della teoria implica che il concetto di “interesse” sia collegato col comportamento mediante una relazione di corrispondenza.
La corrispondenza tra comportamento e interesse consente di fondare la teoria degli interessi su una dimensione sperimentale. In questo modo la teoria degli interessi e la analisi sperimentale del comportamento esplicano (cioè spiegano in modo scientifico) le invarianti e/o regolarità che caratterizzano tutti i comportamenti degli organismi viventi, nella molteplicità delle forme e dei caratteri manifestatisi durante il processo di encefalizzazione che si realizza in un contesto strettamente evoluzionistico.