Non sembra che il concetto di “democrazia” sia tra i più limpidi della scienza e della prassi politiche, perché in esso solitamente si ricomprende una somma di elementi e di presupposti di carattere storico, sociologico e filosofico, così varia ed eterogenea da alterarne i tratti essenziali e da offuscarne una visione sintetica e metodologicamente corretta.
Schumpeter propone, in alternativa al concetto classico di democrazia come “identità tra volontà individuale e volontà collettiva”, una dottrina che concepisce la democrazia come “lotta in concorrenza per il comando politico”. Tale determinazione del concetto di “democrazia” riesce a superare l’ostacolo principale della dottrina classica, la quale non spiegava «perché tanto la volontà quanto il bene del popolo possono essere serviti – e sono serviti in molti casi storici – altrettanto bene o, forse, meglio, da governi che non si possono definire democratici secondo l’uso riconosciuto del termine» (Schumpeter, Capitalismo, socialismo e democrazia, 1955) e risulta più adeguata della teoria classica alla complessa realtà sociale cui vuole riferirsi.
Permangono tuttavia numerose difficoltà le quali rendono insoddisfacente la caratterizzazione della democrazia proposta da Schumpeter; ciò dipende dal fatto che il fenomeno sociale in esame presenta una serie di variabili che non possono essere esplicate se non in funzione di una coerente e concreta caratterizzazione del comportamento umano che, nel periodo in cui egli elaborava la sua ipotesi, non era ancora stata raggiunta.