Un breve scritto in cui individuo alcune problematiche concernenti l’analisi sperimentale del comportamento.
Il consolidamento di una scienza del comportamento, intesa nel senso galileiano delle «sensate esperienze e necessarie dimostrazioni», è contrastato dalla tendenza a considerare il comportamentismo come analisi riferita prevalentemente a organismi animali, con conseguenti limiti conoscitivi che in taluni casi si tenta di superare con aperture verso il cognitivismo. Ma queste aperture non sono necessarie perché, in realtà, tale tendenza riflette una mancanza d’attenzione verso le modalità esplicative del linguaggio scientifico: l’omogeneità semantica, la consistenza logico-sintattica, il continuum tra predicati sperimentali e predicati teorici.
Le analisi pavloviane e skinneriane sono le uniche strettamente compatibili con le condizioni di validità del metodo teorico-sperimentale, ma le discipline cognitivo-comportamentali spesso rinunciano a questo metodo, anteponendo una genericità ampia (tipica del «paradigma normale» della psicologia) all’analiticità rigorosa e operativa della scienza. L’unica debolezza del comportamentismo consiste non nei suoi presunti limiti conoscitivi, ma nella mancanza di una sistematizzazione teorica dei risultati sperimentali, che ne depotenzia anche il campo delle applicazioni.
Metodo galileiano e analisi del comportamento: il comportamentismo
Lo scritto è inserito nella raccolta degli interventi del Congresso internazionale organizzato dallo IESCUM (Istituto Europeo per lo Studio del Comportamento Umano), con il patrocinio dell’AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento), per celebrare la ricorrenza del centenario della nascita del comportamentismo.