Disposizione a rispondere e segno nella semiotica di Morris

Una qualsiasi considerazione dei segni come stimoli comporta, anzitutto, che gli stessi vengano qualificati stimoli preparatori, dovendo i segni, come tali, soddisfare alle due condizioni della asimmetria e della latenza [27]; a tale fatto consegue inoltre, in base alle considerazioni sopra accennate, che ai segni deve essere ricollegata una disposizione a rispondere, cioè un interesse, anche se in effetti, alla determinazione di quest’ultimo, possono concorrere, di solito assieme al segno, diversi altri stimoli preparatori.

Le due nozioni fondamentali su cui si fonda la considerazione prospettata del fenomeno segnico sono quelle della «sostitutività» [28] e della «sequenza di risposte»; naturalmente, la situazione in cui il segno interviene può essere in grado maggiore o minore diversa da quella in cui opera lo stimolo sostitutivo, anche perché nel contesto possono operare altri segni; cioè il gruppo di stimoli può contenere segni in numero variabile. La difformità tra le due situazioni può inoltre dipendere concretamente dal fatto che gli stimoli siano ordinati temporalmente; nella presente indagine consideriamo l’ipotesi più semplice per cui la differenza fra le due situazioni (cioè tra i due insiemi di stimoli), sia data unicamente dalla presenza dello stimolo sostitutivo (segno) in una delle due.

Morris chiarisce le due nozioni fondamentali cui si è accennato, servendosi dei concetti di «somiglianza» e di «famiglia comportamentistica»[29] e facendo rientrare in effetti il primo concetto nel secondo, [pag. 125] in quanto i vari membri di una famiglia dovrebbero essere tenuti assieme da una qualche somiglianza. Rossi-Landi si oppone a questo punto di vista affermando che «ogni cosa può, nei limiti delle convenzioni semantiche in uso, essere simile o dissimile ad ogni altra col variare dei criteri»[30], senza tentare una più adeguata esplicazione del fenomeno in esame. Ma, come abbiamo accennato, il rapporto esistente fra le varie disposizioni a rispondere non può porsi in termini di somiglianza; entro il campo degli interessi del soggetto, e in funzione del comportamento di quest’ultimo, non ha senso infatti raggruppare le disposizioni a rispondere sulla base di un qualche elemento comune [31]; si è visto, infatti, come i rapporti intercorrenti tra le varie disposizioni a rispondere o interessi debbano essere strutturati, necessariamente, in termini di integrazione: questa integrazione opera in tre differenti maniere, potendo darsi, fra gli interessi, rapporti di comunione, intermediazione (o subordinazione) e mutualità [32]. In particolare, è alla intermediazione [33] che ci si deve necessariamente riferire ove si considerino le disposizioni a rispondere nei loro rapporti entro il campo degli interessi [34]. Il fatto che gli interessi (e, quindi, i comportamenti) possano tra loro essere subordinati, cioè sistemati in serie nelle quali ciascun interesse intermedio è mezzo in relazione a tutti gli interessi successivi ed è fine in relazione a tutti gli interessi antecedenti, ci consente di chiarire il senso della «sostitutività» cui sopra si è accennato.

Il segno può infatti determinare un comportamento uguale oppure più o meno profondamente diverso da quello che sarebbe stato determinato dalla presenza, in sua vece, dell’elemento denotato (stimolo in sostituzione del quale il segno opera); ciò che importa non è tanto la uguaglianza o diversità dei due comportamenti possibili, quanto il fatto che gli stessi risultino collegati dal nesso funzionale della intermediazione, cioè possano inserirsi entro la stessa sequenza di risposte, tendente al soddisfacimento del medesimo interesse immediato.

Da quanto si è detto, appare chiaro che la sequenza di risposte non deve essere intesa, seguendo Morris, come «serie di risposte consecutive, il primo membro della quale ha inizio da un oggetto stimolatore e l’ultimo è la risposta a questo oggetto stimolatore come ad un oggetto finale»[35]; di qui il concetto di «denotatum»[36] come di qualsiasi cosa che permetta il compimento della sequenza di risposte cui l’interprete è disposto in conseguenza del segno; per cui il denotatum sarebbe l’oggetto finale che soddisfa di fatto alla disposi-[pag. 126]zione suscitata dal segno [37]; onde le difficoltà fatte rilevare da Black a proposito del termine «nero» e termini simili e la risposta di Morris che concorda in effetti con la critica di Black, affermando che il termine «sequenza di risposte» necessita di modifiche per il mancato riferimento agli oggetti finali [38]. Occorre quindi eliminare le equivoche dizioni «condizioni di bisogno», «oggetti di sostegno». La definizione proposta, servendosi della nozione unitaria di «campo degli interessi» e strutturando tutte le disposizioni a rispondere in base allo schema dell’intermediazione, elimina queste imprecisioni teoriche. La esplicazione fornita si discosta, perciò, dal concetto di «denotatum» di Morris; infatti, mentre un segno non può essere oggetto finale, cioè deve presentarsi solo come stimolo preparatorio, l’oggetto denotato può esserlo, ma non deve esserlo necessariamente, potendo anche non trovarsi direttamente coinvolto nel comportamento del soggetto connesso al rapporto segnico.

La identificazione del concetto di «disposizione a rispondere» con quello di «interesse»[39], ci consente anche di superare la tesi di Morris sui segni preferenziali o apprezzatori [40]: tutti i comportamenti umani sono infatti comportamenti preferenziali e tutti i segni, al medesimo modo, si pongono in relazione a un comportamento preferenziale. La distinzione fra le maniere di significare dovrebbe quindi poggiare non già sul diverso tipo di struttura, ma soltanto sul differente contenuto delle disposizioni a rispondere [41]).[pag. 127]

Note

[27] M. Black, Linguaggio e filosofia, p. 214 sgg.

[28] C. Morris, Segni, linguaggio e comportamento, p. 19 sgg.

[29] C. Morris, id., pp. 21, 24 sgg. «Una famiglia di comportamenti è ogni serie di sequenze iniziate da oggetti stimolatori simili e che hanno termine in questi oggetti come oggetti finali simili per bisogni simili» (id., pp. 24-25).

[30] F. Rossi-Landi, Charles Morris, p. 116 sgg.

[31] Morris, come si è detto, prospetta il raggruppamento in funzione degli oggetti stimolatori e finali, ma sempre sulla base della somiglianza (id., pp. 21, 24-25).

[32] R. B. Perry, General Theory of Value, p. 369 sgg. Per una precisazione sull’uso dei termini «mutualità» e «interrelazione», cfr. Perry, id., p. 488 nota 1.

[33] R. B. Perry, id., p. 374 sgg.

[34] R. B. Perry, id., p. 433 sgg.

[35] C. Morris, id., p. 24.

[36] C. Morris, id., p. 35.

[37] M. Black, id., p. 217.

[38] M. Black, id., pp. 219, 233.

[39] La disposizione a rispondere diventa, in tal modo, l’elemento centrale della prospettiva che considera il significato in termini operativi (prospettiva prasseologica). Essa non può quindi essere inquadrata nella prospettiva concernente la caratterizzazione del significato in termini di comunicazione (prospettiva semantica).

[40] C. Morris, id., p. 114 sgg.

[41] Sul punto, cfr. Morris, id., p. 95 sgg.

Indice della pubblicazione

Teoria delle classi sociali

Giulio Bolacchi


Capitolo I: Strutture teoriche e scienze sociali

1. Schemi teorici e scienze sociali

2. La prospettiva metodologica delle scienze sociali

3. Le strutture linguistiche astratte

4. Il problema dei concetti teorici

5. Linguaggio osservativo e linguaggio teorico

6. Empirismo, criteri di significatività e termini disposizionali

7. Assiomatizzazione e linguaggio teorico

8. Il concetto di «linguaggio teorico» in Carnap

9. Linguaggio teorico e livelli di astrazione

10. Verificabilità empirica delle strutture astratte; rapporti fra diverse strutture linguistiche

11. Il ruolo della teoria generale nelle scienze sociali

12. Rapporti tra teoria economica e scienza sociale; il problema del sottosviluppo

13. L’integrazione delle scienze sociali e la teoria generale del comportamento sociale

Note del capitolo I

 

Capitolo II: Alcune teorie sulle classi sociali

1. Le principali teorie sulle classi sociali online

2. Classe e situazione di classe in Weber

3. La classificazione dei gruppi e il problema delle classi sociali in Sorokin

4. Il problema dell’ordine e la stabilità dell’interazione sociale in Parsons

5. Sistema di valori e stratificazione sociale in Parsons

6. I limiti fondamentali della teoria generale di Parsons

7. Critiche al «sistema sociale» di Parsons

8. La teoria integrazionista e la teoria coercitiva della società nell’analisi di Dahrendorf

9. Gruppi di conflitto e associazioni coordinate da norme imperative in Dahrendorf

10. Autorità e potere condizionante nella dinamica sociale

11. Il rapporto di autorità e la dinamica reintegratrice o pendolare; l’avvicendamento del personale nelle posizioni di dominio in Dahrendorf

12. I tre stadi di analisi delle strutture sociali: dinamica pendolare, dinamica strutturale-funzionale, dinamica cumulativa

13. Il problema della dinamica nelle teorie di Parsons e Dahrendorf

14. Conclusioni critiche sulle teorie di Parsons e Dahrendorf

Note del capitolo II

 

Capitolo III: Premesse a una teoria generale delle classi sociali

1. Scienza del comportamento e scienza psicologica

2. Le teorie causali del significato

3. La struttura funzionale degli interessi

4. Il campo disposizionale

5. Intermediazione, comunione e mutualità degli interessi negli studi di Perry online

6. Il concetto di «disposizione a rispondere» online

7. Disposizione a rispondere e segno nella semiotica di Morris online

8. Classe sociale e categoria sociale online

9. Il concetto di «interesse comune e interrelato» online

10. L’interesse di classe online

11. L’azione sociale di accettazione e l’azione sociale di condizionamento online

12. Il potere condizionante: potere istituzionale e potere deviante online

13. I concetti di «potere» e «autorità» in alcune teorie sociologiche

14. La dinamica del potere condizionante online

15. Potere deviante e classe sociale online

16. Comunione di interessi, istituzionalizzazione, internalizzazione e potere online

17. Considerazioni conclusive sul concetto di «classe sociale» online

18. Classi sociali e dinamica sociale online

Note del capitolo III

 

Capitolo IV: Democrazia e classi sociali

1. La dottrina classica della democrazia online

2. Indeterminatezza e irrazionalità del comportamento politico; la critica di Schumpeter al concetto di «democrazia» online

3. Democrazia e volontà popolare online

4. La volontà popolare come risultante del processo politico online

5. La democrazia come lotta in concorrenza per il comando politico online

6. Il metodo democratico e la rilevazione degli interessi pubblici online

7. Democrazia come volontà popolare e democrazia come lotta in concorrenza online

8. L’istituto della rappresentanza politica online

9. La forza sociale del potere e il problema della maggioranza online

10. Le differenti caratterizzazioni del concetto di «libertà» online

11. La democrazia come commisurazione istituzionalizzata della forza sociale del potere istituzionale e del potere deviante online

Note del capitolo IV

 

Capitolo V: Un esempio storico: la borghesia

1. La borghesia rivoluzionaria e la polemica di Sieyes contro il privilegio

2. Una interpretazione della Rivoluzione secondo le prospettive di Toynbee

3. Equivoci teorici connessi al concetto di «borghesia» online

4. I valori borghesi e i princípi di perduranza dell’antico regime

5. Il proletariato contemporaneo e la mancata assimilazione dei valori borghesi

6. Il concetto di «borghesia» nel pensiero di Croce

7. Le caratterizzazioni della «borghesia» in termini di ceto medio

8. Gli interessi comuni della borghesia online

9. Classe borghese e potere deviante online

Note del capitolo V

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