Il mutamento sociale nel pluralismo e nel collettivismo
Fatte queste precisazioni possiamo analizzare il modo in cui opera il cambiamento sociale nel due tipi di sistemi. Dal punto di vista del cambiamento le società pluralistiche presentano un alto grado di dinamismo, cioè una elevata possibilità di modificazione dei fini sociali istituzionalizzati. Il mutamento è infatti originato da un conflitto tra interessi istituzionalizzati e interessi non istituzionalizzati interiorizzati dal soggetto; cioè dal fatto che la interiorizzazione di alcuni o di numerosi interessi istituzionalizzati non è avvenuta. Si parla in questi casi di deviamento del soggetto dalle norme del sistema.
Il soggetto deviante si trova di fronte a due possibili alternative egli può non soddisfare il suo interesse non compatibile con gli interessi istituzionalizzati del sistema (in questo caso si comporta come deviante potenziale) oppure può soddisfare l’interesse non compatibile col sistema ponendosi contro quest’ultimo (in questo caso si comporta come deviante attuale).[pag. 6]
L’ipotesi del deviamento potenziale presenta configurazioni diverse a seconda che esso si manifesti in un sistema collettivistico o in un sistema pluralistico. Nel sistema pluralistico l’interesse deviante del soggetto può essere soddisfatto in modo indiretto nell’ambito dello spazio sociale pre-istituzionale entro cui il soggetto può agire tentando di modificare le strutture del sistema. Il regime democratico costituisce un esempio di istituzionalizzazione del mutamento che consente agli interessi in conflitto con quelli istituzionalizzati di esprimersi nell’ambito del pre-istituzionale al fine di una modificazione del sistema.
Se, per esempio, i soggetti hanno interessi in conflitto con gli interessi istituzionalizzati che stanno alla base delle strutture scolastiche, essi possono operare per soddisfare indirettamente questi interessi, nell’ambito del pre-istituzionale, utilizzando i vari mezzi di comunicazione e di pressione consentiti dal sistema democratico, al fine di pervenire a una modificazione delle strutture scolastiche istituzionalizzate. I soggetti agiscono in tal modo come devianti potenziali, cioè agiscono per la modificazione delle strutture istituzionalizzate senza porsi direttamente contro tali strutture; se così facessero essi diventerebbero devianti attuali e come tali verrebbero puniti dal sistema.
Nel caso del sistema collettivistico non è possibile alcun soddisfacimento indiretto degli interessi del deviante potenziale, in quanto non esiste uno spazio sociale pre-istituzionale che il deviante potenziale possa utilizzare per porre in essere comportamenti volti alla modificazione del sistema. Dobbiamo quindi concludere che in questo sistema è impossibile il mutamento sociale? La risposta è negativa. Anche nel sistema collettivistico gli interessi dei soggetti si modificano; tale modificazione può avvenire in due modi: (1) gli interessi di tutti i soggetti si modificano istantaneamente e nello stesso senso, per cui si passa senza soluzione di continuità da una struttura ad un’altra fondata su interessi differenti; (2) il mutamento avviene mediante la dinamica del deviamento.
La prima ipotesi potrebbe riferirsi a società nelle quali il consenso fosse fondato sulla conoscenza scientifica; ciò significherebbe che tutti gli status-ruoli sarebbero istituzionalizzati con riferimento alla loro compatibilità con leggi scientifiche (riguardanti la struttura sociale) esprimibili con un discorso intersoggettivo sperimentalmente verificabile. In questo tipo di società non potrebbe esistere il conflitto ideologico, fondato su giudizi di valore che per definizione sono soggettivi, ma solo il disaccordo su ipotesi scientifiche che verrebbe risolto utilizzando gli strumenti forniti dal metodo scientifico. Il deviamento in questo caso assumerebbe la forma [pag. 7] di proposta di nuove ipotesi esplicative della realtà sociale le quali, se verificate, determinerebbero una modificazione delle strutture.
La seconda ipotesi si riferisce a società collettivistiche nelle quali il consenso sia fondato su interessi comuni di tipo ideologico; in tal caso il mutamento dà sempre luogo a un rapporto conflittuale, non essendo possibile utilizzare criteri intersoggettivi per stabilire la verità o la falsità del giudizi di valore.
Ma lo spazio sociale pre-istituzionale è per definizione nullo nel sistema collettivistico fondato – in linea di principio – su una interrelazione congiunta di tutti gli interessi di tutti i soggetti. Può sembrare quindi che il mutamento delle strutture sociali istituzionalizzate non possa avvenire in tale sistema, pur potendo esistere il deviamento (in particolare, il deviamento potenziale), derivante dal fatto che l’interrelazione congiunta è fondata su interessi comuni di tipo ideologico (per definizione soggettivi).
Il deviamento potenziale trova peraltro la possibilità di attuarsi nell’ambito degli status-ruoli istituzionalizzati, mediante una utilizzazione di questi statu-ruoli in modo disfunzionale rispetto agli interessi che li caratterizzano. Ciò può avvenire in quanto le funzioni sociali connesse ai singoli status-ruoli presentano normalmente un ambito di discrezionalità, consistente nel fatto che le circostanze in presenza delle quali debbono essere realizzati i comportamenti strumentali, in cui si specificano le funzioni connesse agli status-ruoli, non sono esattamente definite; nel caso in cui non lo siano compete al titolare dello status-ruolo stabilire se e in che misura esse sussistano. E nel far questo il soggetto può conformarsi agli interessi comuni istituzionalizzati; ovvero può conformarsi ad interessi devianti (cioè negativamente coinvolti con quelli istituzionalizzati), rendendo compatibili le funzioni dello status-ruolo con gli interessi alla modificazione delle strutture del sistema, che caratterizzano la sua posizione di deviante potenziale.
In questo modo il deviamento potenziale si traduce in un esercizio deviante delle funzioni connesse agli status-ruoli discrezionali (funzione deviante o potere deviante), volto a soddisfare indirettamente gli interessi negativamente coinvolti con quelli istituzionalizzati, mediante una utilizzazione degli status-ruoli istituzionalizzati in modo non conforme agli interessi istituzionalizzati del gruppo che ha la base di legittimazione più ampia.
La modificazione delle strutture si attua pertanto mediante un conflitto latente tra un gruppo di soggetti che dispongono della base di legittimazione più ampia espressa nelle strutture istituzionalizzate (e che quindi agiscono in funzione della permanenza del sistema) e un [pag. 8] gruppo di soggetti che occupano anch’essi status-ruoli istituzionalizzati, ma sono devianti potenziali entro il sistema e utilizzano gli status-ruoli che occupano ai fini di una modificazione delle strutture del sistema.
Nella società collettivistica di tipo ideologico, cioè fondata su interessi comuni non compatibili con un discorso intersoggettivo sperimentalmente verificabile, si ha quindi da un lato un’interrelazione congiunta (che dovrebbe coinvolgere positivamente tutti gli interessi di tutti i soggetti); dall’altro lato un mutamento sociale che, data la caratterizzazione ideologica degli interessi comuni, si esprime in termini di conflitto tra gruppi che lottano – utilizzando gli status-ruoli istituzionalizzati – per estendere l’ambito delle rispettive basi di legittimazione (con riferimento alla permanenza o alla modificazione delle strutture).
Da ciò consegue che la interrelazione congiunta non può operare con riferimento a tutti i soggetti e che quindi in linea di principio – data la costanza del conflitto – essa non può essere raggiunta: si ha quindi l’apparente paradosso di società collettivistiche in cui si manifestano conflitti tra soggetti che occupano status-ruoli istituzionalizzati. In questi casi la società collettivistica fondata su interessi comuni di tipo ideologico presenta fenomeni di interrelazione disgiunta analoghi a quelli che si hanno nella società di tipo pluralistico.
Queste conclusioni sembrerebbero in contraddizione con l’esplicazione che contrappone il concetto di società collettivistica a quello di società pluralistica (competitiva). Ma se gli interessi comuni e interrelati in modo congiunto sono interessi di tipo ideologico, allora il deviamento dai valori istituzionalizzati implica necessariamente una interrelazione disgiunta e quindi un conflitto tra i membri del gruppo. La società collettivistica in cui l’interrelazione congiunta tra gli interessi sia fondata su presupposti ideologici è anch’essa una società conflittuale. Ma a differenza della società pluralistica, la quale ammette un insieme di status-ruoli (non istituzionalizzati) concernenti interessi che possono anche essere interrelati in modo disgiunto con gli interessi istituzionalizzati (spazio sociale pre-istituzionale), nella società collettivistica di tipo ideologico, pur potendo esistere questo insieme di interessi interrelati in modo disgiunto, non esiste uno spazio sociale pre-istituzionale che i devianti potenziali possano utilizzare ai fini della modificazione del sistema.
Questo significa che dal punto di vista della eliminazione del conflitto nessun progresso viene realizzato dalle strutture sociali di tipo ideologico-collettivistico nelle quali la dinamica sociale si svolge mediante il potere deviante, rispetto alle strutture di tipo pluralistico nel-[pag. 9] le quali la dinamica si svolge anche nel pre-istituzionale. Infatti, se si assume come fine della politica sociale la eliminazione totale delle situazioni di conflitto, tale fine non può essere raggiunto in una società in cui il conflitto costituisce un elemento permanente della struttura sociale; dire poi che il conflitto ha come fine la eliminazione dei soggetti devianti non serve a superare il problema, che è quello della creazione di una società senza devianti. Perché se si ammette che i devianti in quanto agenti in funzione della modificazione delle strutture istituzionalizzate costituiscono un dato permanente del sistema sociale, che altrimenti non potrebbe essere mai suscettibile di mutamenti, si ammette anche implicitamente la impossibilità – in linea di principio – del raggiungimento del fine della politica sociale consistente nella eliminazione totale delle situazioni di conflitto; cioè la impossibilità di realizzare una società fondata sulla interrelazione congiunta di tutti gli interessi di tutti i soggetti, se questi interessi sono di tipo valutativo o ideologico.[pag. 10]
Indice della pubblicazione
Processo d’apprendimento e strutture ideologiche
G. Bolacchi
1. La contestazione permanente.
2. Sistemi pluralistici e sistemi collettivistici. online
3. Il mutamento sociale nel pluralismo e nel collettivismo. online
4. La contestazione delle strutture scolastiche. online
5. La struttura psicologica del rapporto di apprendimento.
6. Apprendimento e punizione.
7. Il comportamento discriminante.
8. La relazione di strumentalità tra gli interessi nel rinforzamento secondario. online
9. Esempi della corrispondenza tra rinforzamento secondario e interrelazione degli interessi.
10. La trasmissione delle informazioni e l’esplicazione del concetto di segno come rinforzatore secondario.
11. L’interrelazione congiunta e l’interrelazione disgiunta nel rapporto didattico.
12. Gli effetti disfunzionali della punizione sul processo di apprendimento. online
13. L’istruzione programmata.
14. Il processo di apprendimento nelle strutture sociali di tipo ideologico; interesse ad apprendere e interesse a memorizzare. online
15. L’attività del docente nelle strutture didattiche di tipo ideologico. Il controllo della memorizzazione. online
16. Il significato ideologico della contestazione studentesca.
17. Strutture didattiche e strutture di potere. online
18. Funzione didattica e funzione politica del docente dell’università italiana.
19. È possibile la società non ideologica fondata sulla scienza sociale? online