G.C. Homans, La natura delle scienze sociali

Introduzione di G. Bolacchi

La analisi di Homans sul problema metodologico delle scienze sociali si basa sul fatto che il comportamento umano è considerato come un fenomeno da analizzare ed esplicare utilizzando il metodo di ricerca delle scienze naturali, cioè il metodo galileiano dell’esperimento controllato.

Ciò implica il riconoscimento della incapacità di tutte le prospettive metafisiche e ideologiche a fondare un discorso intersoggettivo sul comportamento umano. Queste prospettive vengono giustificate in base alla assunzione acritica della diversità qualitativa tra i fenomeni concernenti il comportamento umano e i fenomeni oggetto delle scienze naturali, e in particolare tra i primi e i fenomeni concernenti il comportamento animale, visto che la scienza sperimentale del comportamento utilizza soprattutto gli animali quali oggetti ricerca e di analisi.

Il postulato intuitivo della diversità qualitativa tra fenomeni concernenti il comportamento umano e fenomeni oggetto delle scienze naturali, caratterizza anche il metodo che dovrebbe essere utilizzato nella analisi del comportamento umano, non potendosi ipotizzare metodo sperimentale in senso galileiano con riferimento a un fenomeno che si assume come irriducibile al dato puramente naturale, e quindi come caratterizzato da una dimensione spirituale o storica o comunque metafisica che ne individuerebbe, sia in senso immanentistico, sia in senso trascendente la natura specifica.

Queste prese di posizione trovano il loro stadio più avanzato di sistematizzazione metodologica nell’ambito del così detto storicismo tedesco contemporaneo [P. Rossi, Einaudi, 1956] che, laddove parte dal presupposto di una differenziazione qualitativa tra il mondo della natura e il mondo dello spirito è portato a riconoscere una radicale differenza nel metodo di ricerca tra i due settori, valendo per la natura il metodo  [pag. 11]  sperimentale e per lo spirito il metodo introspettivo, caratterizzato in ultima analisi dalla intuizione e che come tale non riesce a garantire l’intersoggettività del risultato della ricerca; mentre quando tenta una unificazione metodologica tra i due settori e quindi una estensione del metodo delle scienze naturali al mondo dello spirito si trova costretto entro una insuperabile contraddizione data dalla postulata differenza tra spirito e natura e quindi dal fatto che la storicità del mondo dello spirito falsa radicalmente il senso di qualsiasi analisi sperimentale.

La storia come tale, cioè la dinamica cumulativa, non può essere infatti esplicata utilizzando il metodo sperimentale che si fonda sulla relazione funzionale, cioè su un tipo di dinamica strutturale che implica la ripetibilità dei fenomeni e quindi la reversibilità delle relazioni entro cui gli stessi vengono ordinati. La dinamica cumulativa al contrario poggia sul concetto di irripetibilità e unicità del fenomeno e quindi sulla irreversibilità della relazione entro cui questo fenomeno viene ordinato.

Assumere la storicità come caratterizzazione peculiare del comportamento umano e quindi come elemento fondamentale di differenziazione di quest’ultimo dai fenomeni oggetto delle scienze naturali conduce a una duplice confusione metodologica, anzitutto perché la dimensione storica non è un attributo metafisico o una essenza tipica di alcuni fenomeni e non di altri, ma è solo una prospettiva metodologica, un modo di ordinare i fenomeni, e quindi anche quelli oggetto delle scienze naturali, potendo tutti i fenomeni essere considerati come appartenenti a una serie irreversibile caratterizzata dal fatto che l’unicità e la irripetibilità si assumono come elementi che determinano l’ordine dei fenomeni all’interno della serie. Il che non avviene quando un fenomeno è visto non nella sua unicità e irripetibilità, ma è considerato in una prospettiva strutturale che lo collega ad altri fenomeni nell’ambito di un ordine caratterizzato dalla relazione funzionale su cui si fonda il discorso scientifico.

In secondo luogo perché il presupposto metafisico della dimensione storica come tipica ed esclusiva del comportamento umano conduce necessariamente alla impossibilità di estendere allo studio del comportamento il metodo sperimentale delle scienze naturali, cioè alla erronea conclusione secondo cui i comportamenti umani  [pag. 12]  non potrebbero essere ordinati sulla base della relazione funzionale.

Una volta ammesso che la diversità tra fenomeni concernenti il comportamento umano e fenomeni oggetto delle scienze naturali non è qualitativa ma concerne solo differenti livelli di complessità dei fenomeni, vengono eliminati gli impedimenti metafisici che si frappongono alla utilizzazione del metodo sperimentale nell’ambito del comportamento umano e si legittima l’estensione dei risultati acquisiti mediante l’analisi sperimentale del comportamento animale al comportamento umano. Inoltre vengono superati tutti gli pseudo-problemi che derivano dall’uso del metodo introspettivo come metodo tipico del mondo spirituale e storico che sarebbe caratterizzato, a differenza del mondo della natura, da stati o eventi mentali collocati in una sfera di dimensioni non fisiche chiamata mente o psiche o spirito.

L’analisi introspettiva assegna infatti una importanza primaria alle condizioni interne del soggetto ed esprime queste condizioni interne in termini di variabili intermedie, prive di qualsiasi utilità esplicativa, se si riconosce che le condizioni interne sono inutili ai fini del controllo del comportamento in quanto non suscettibili di manipolazione operativa. A questo proposito Skinner afferma che il tipo di esplicazione utilizzato in psicologia consiste generalmente nel costruire una catena causale di tre termini: “l) un’operazione compiuta dall’esterno nei confronti dell’organismo, per esempio privazione di acqua; 2) una condizione interna, per esempio sete fisiologica o psichica; 3) un tipo di comportamento, per esempio bere”.[1]

Il secondo termine è generalmente inferito dal primo o dal terzo. È inferito dal primo quando si dice che un soggetto è assetato poiché non beve da un certo periodo di tempo. È inferito dal terzo quando si dice che un soggetto è assetato in quanto beve. In entrambi i casi si tratta di una pseudoinferenza in quanto ogni affermazione concernente il secondo termine si risolve in un’affermazione circa la storia passata del soggetto o circa un attuale comportamento del soggetto. Perciò se affermiamo che un  soggetto beve perché ha sete dobbiamo ancora spiegare le cause della sete. Ma le condizioni esterne che hanno prodotto la sete possono essere direttamente collegate al comportamento del bere. “Analogamente nel caso in cui un  [pag. 13]  esempio di comportamento malaggiustivo ci venga spiegato dicendo che l’individuo è in preda all’ansia, ci resta ancora da sapere quale sia la causa dell’ansia, mentre le condizioni esterne che vengono allora prese in considerazione avrebbero ben potuto essere collegate direttamente al comportamento malaggiustivo”.[2] In conclusione, afferma Skinner,  “l’obiezione che viene mossa agli stati interni significa non che essi non esistano ma che non sono significativi per un’analisi funzionale; non possiamo render conto del comportamento di un sistema, quale esso sia, rimanendo completamente all’interno di esso; è necessario che ad un certo momento ci rivolgiamo a forze che operano sull’organismo dall’esterno. A meno che non ci sia un punto debole nella nostra catena causale per cui risulti che il secondo elemento non sia determinato dal primo secondo una relazione costante, o il terzo non sia determinato dal secondo, dobbiamo ritenere che il primo e il terzo elemento siano collegati secondo leggi costanti, e allora se dobbiamo sempre andare al di là del secondo elemento per la previsione e il controllo, possiamo fare a meno di molte faticose e logoranti digressioni esaminando semplicemente il terzo elemento come funzione del primo, sapendo che informazioni valide circa il secondo elemento possono bensì chiarire questa relazione, ma non la muteranno in alcun modo”.[3]

L’utilizzazione del metodo sperimentale nell’analisi del comportamento caratterizza la psicologia comportamentistica che Homans considera esattamente come la più rigorosa prospettiva di analisi del comportamento umano. Ciò posto risulta evidente che anche le analisi del comportamento sociale dovrebbero assumere come base esplicativa fondamentale i predicati sperimentali e teorici individuati nell’ambito della psicologia comportamentistica.

In questa prospettiva la sociologia deve essere intesa come psicologia sociale, cioè come analisi delle relazioni di rinforzamento e di elicitazione nelle quali da un lato lo stimolo rinforzante (rinforzatore) e lo stimolo elicitante consistono essi stessi in comportamenti di uno o più soggetti, così come dall’altro lato la variabile dipendente o il parametro (variabile vincolata) sono costituiti dal comportamento di uno o più soggetti.

In tal modo la interrelazione (congiunta o disgiunta) tra gli interessi di due o più soggetti può essere correttamente esplicata in  [pag. 14]  termini di dinamica funzionale solo utilizzando i predicati della psicologia comportamentistica.

Resta radicalmente superata su questo piano qualsiasi prospettiva volta a presupporre acriticamente una differenziazione tra psicologia e sociologia e quindi a presumere un differente metodo di analisi dei comportamenti individuali rispetto ai comportamenti sociali. Si presenta anche in questo caso, sia pure in modo diverso e con differenti connotazioni, la esigenza recepita acriticamente dal senso comune volta a distinguere tra individuale e sociale, allo stesso modo in cui dal senso comune viene recepita l’esigenza di operare una distinzione tra spirito e natura. Anche nel distinguere tra individuale e sociale, e quindi nel tentare di fondare una specifica analisi del sociale distinta dalla psicologia individuale e dalla psicologia sociale, ci si fonda su presupposti ideologici e metafisici che utilizzano il metodo intuitivo e che come tali possono essere ricondotti in ultima analisi alle prese di posizione acritiche del senso comune.

La distinzione tra psicologia e sociologia così intesa presuppone sempre, esplicitamente o implicitamente, anche nelle analisi che potrebbero sembrare più avanzate, una erronea prospettiva metodologica fondata su assunti di tipo metafisico che appaiono chiaramente nella loro dimensione filosofico-intuitiva soprattutto nell’opera di Durkheim cui Homans esplicitamente si riferisce per dimostrarne l’infondatezza.

A questo proposito basti osservare, a completamento delle conclusioni di Homans, che la caratterizzazione dei fatti sociali è operata da Durkheim non su basi sperimentali, e quindi utilizzando il metodo galileiano tipico delle scienze naturali, bensì su basi meramente intuitive e quindi metafisiche: una caratterizzazione questa che implica, come nel caso della distinzione tra spirito (o storia) e natura, una diversità di metodi di ricerca, cioè una diversità di analisi conoscitive.

Senonché l’utilizzazione del metodo sperimentale nell’ambito del comportamento e l’estrapolazione dei risultati acquisiti nell’analisi scientifica del comportamento animale al comportamento umano, mostrano l’inconsistenza di queste prospettive pseudo-esplicative. D’altra parte solo utilizzando il metodo sperimentale si può fondare un discorso intersoggettivo che abbia la capacità di unificare fenomeni che al senso comune appaiono diversissimi, ma che nell’ambito della scienza vengono esplicati mediante predicati sperimentali e teorici aventi un vasto ambito di significatività. Così avviene nel  [pag. 15]  caso della scienza del comportamento nella quale i medesimi predicati fondamentali sono utilizzati ai fini della esplicazione, non solo del comportamento animale e del comportamento umano, ma anche del comportamento individuale e del comportamento sociale.

In questo senso i predicati della psicologia comportamentistica appaiono veramente come i predicati unificanti di una pluralità di fenomeni che è tale solo per il senso comune, così come nell’ambito della fisica le leggi newtoniane del moto danno una esplicazione unitaria di fenomeni quali il moto dei corpi celesti, la caduta dei gravi e il moto dei corpi sulla superficie terrestre che al senso comune pre-galileiano (espresso dalla fisica aristotelica) apparivano come tra loro del tutto diversi e non unificabili. [pag. 16] 

Note

[1] B.F. Skinner, Scienza e comportamento, Milano Angeli, 1971, p. 56.
[2] B.F. Skinner, Scienza e comportamento, op. cit., p. 58.
[3] B.F. Skinner, Scienza e comportamento, op. cit., p. 58.

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