Scelta, utilità, massimizzazione, come concetti pseudo-esplicativi
Il problema della scelta viene anche affrontato partendo dall’analisi del cosiddetto comportamento selettivo del soggetto. L’esempio da cui parte Rethlingshafer per illustrare il concetto di scelta mostra un soggetto che occupa una particolare posizione in una organizzazione imprenditoriale. Costui aspetta che la sua segretaria gli batta a macchina una lettera che egli successivamente firmerà. Durante l’attesa egli pone in essere altri comportamenti volti a risolvere un problema cui è interessato. Egli si immerge profondamente nella soluzione del problema, tanto che alcune stimolazioni dell’ambiente esterno non riescono a superare la sua soglia di eccitazione. Quantunque queste stimolazioni esterne siano registrate dai suoi recettori, la loro influenza sui suoi orientamenti selettivi è ristretta o è del tutto assente. Supponiamo ora – continua Rethlingshafer – che suoni un campanello. «Le proprietà fisiche di questa particolare sorgente di stimoli (per esempio l’ampiezza delle onde onore) sono di tale natura da stimolare sempre di più i recettori auditivi del soggetto. Il suo comportamento si interrompe ed egli si volge verso la sorgente sonora. Un primo orientamento è determinato dalla prevalenza del modello auditivo. La stimolazione auditiva è riconosciuta (percepita selettivamente) come un forte suono, come un campanello, come lo squillo di un telefono e può [pag. 5] avere come risposta altri comportamenti, oppure può essere selettivamente ignorata».[16]
L’esempio dovrebbe mostrare come alla base del cosiddetto comportamento selettivo si abbia sempre un fattore motivazionale. Il soggetto risponde al telefono o non risponde a seconda del fatto che sia o meno motivato a far ciò. Il telefono rinforza infatti un comportamento corrispondente a uno stato di deprivazione e l’assenza dello stato di deprivazione implica il venir meno del processo selettivo; in questa ipotesi il soggetto non viene rinforzato dal trillo del campanello.
Senonché parlare di comportamento selettivo con riferimento a questi fenomeni altro non significa che formulare in termini di linguaggio comune il problema concernente l’esistenza di interessi aventi differenti livelli di intensità; in questo caso il rinforzo opera primariamente con riferimento allo stato di deprivazione più elevato. E inoltre, dire che l’organismo «focalizza e filtra a un tempo gli stimoli potenziali che gli provengono dall’ambiente esterno» significa formulare una pseudo-esplicazione concernente il fatto che alcuni interessi del soggetto hanno un’intensità maggiore di altri interessi.
Questa pseudo-esplicazione è determinata dal fatto che partendo da un’analisi dei fenomeni che mostrano come un organismo possa porre in essere comportamenti alternativi e quindi possa avere interessi con diverso grado di intensità, ci si chiede perché gli organismi pongano in essere questi comportamenti alternativi. In tal modo il problema non è più quello di esplicare il comportamento alternativo ma quello dell’individuazione delle cause (interne) che determinerebbero il sorgere di questi comportamenti alternativi. Nell’ipotesi considerata la causa di tali comportamenti si fa risalire a un processo interno chiamato scelta. Le regole del metodo scientifico vengono in tal modo violate in quanto si introduce nell’esplicazione un fattore non controllabile, sulla base di un concetto pre-scientifico di causalità secondo il quale dati due fattori uno di questi dovrebbe determinare o far sorgere il secondo fattore (causalità come connessione genetica).
Ipotizzando d’altra parte il rapporto tra comportamento alternativo e processo di scelta del soggetto in modo funzionale, cioè come rapporto tra due variabili di cui una dipendente e una indipendente (casualità come dipendenza funzionale), risulta evidente che una relazione di questo tipo non può essere posta tra i due fattori in questione in quanto uno di essi, la scelta, è assunto come variabile interna [pag. 6] e quindi si trova su un piano metodologico diverso da quello della variabile comportamento. In sintesi quindi si tratta di una inutile duplicazione la quale ci porta a concludere che i termini “scelta” e “comportamento alternativo” hanno lo stesso significato.
La stessa erronea prospettiva metodologica vizia anche tutte le domande di questo tipo: quali sono i meccanismi della sensibilizzazione? La sensibilità del recettore sensitivo si modifica? Il selezionare è un’attività del sistema nervoso centrale?
Ad esempio, l’affermazione secondo cui la sensibilizzazione di un organismo dovrebbe variare con riferimento a drives specifici è tautologica per il fatto che non è possibile definire autonomamente una variabile “sensibilizzazione” che sia funzione del drive. Anche qui, in effetti, si usa un nome diverso per designare la stessa variabile per cui “variazione della sensibilizzazione” ha lo stesso significato di “variazione del drive specifico”.
Dal concetto di sensibilizzazione come primo stadio della capacità selettiva si passa poi al concetto di scelta come fenomeno tipico dei soggetti umani. Alcuni dicono infatti che il comportamento di scelta costituisce il fatto centrale che caratterizza l’organismo umano; che il fenomeno della scelta è la chiave per comprendere i più elevati processi mentali.
L’analisi del comportamento di scelta è normalmente approfondita con riferimento al concetto di aspettativa. Si afferma, infatti, che la scelta è realizzata sulla base di anticipazioni apprese o aspettative.
L’aspettativa, considerata come anticipazione del soddisfacimento di un interesse, costituisce anch’essa una pseudo-esplicazione. Affermare infatti che un’aspettativa è una simbolizzazione appresa di un evento che deve accadere significa, nell’esplicazione scientifica, che tale evento può essere inferito probabilisticamente sulla base dell’esperienza passata del soggetto o sulla base dell’osservazione di altri soggetti che in passato hanno avuto la medesima esperienza.
La vacuità di tali espressioni risulta chiaramente se si formula il problema utilizzando lo schema del rinforzo. Dire che la predizione di un evento viene formulata sulla base della frequenza del manifestarsi di quell’evento nel passato significa far riferimento ai rinforzi che il soggetto ha avuto in passato. In tale ipotesi il concetto di aspettativa diventa un modo diverso per dire che il soggetto ha un certo interesse che gli è stato rinforzato durante una serie di esperienze passate. Dire che il soggetto pone in essere un certo comportamento in quanto si aspetta da quel comportamento il soddisfacimento di un certo interesse è un’espressione mentalistica e pre-scientifica riferentesi al fatto che il soggetto pone in essere quel comporta- [pag. 7] mento in quanto dalla sua storia passata risulta che quel comportamento con una certa probabilità verrà rinforzato.
Riassumendo, sulla base degli esperimenti finora analizzati, possiamo dire che le cosiddette situazioni di scelta possono ricondursi a due fondamentali schemi di rinforzo. Il primo è quello esemplificato nell’esperimento di Rethlingshafer-Eschenbach-Stone, nel quale il processo di apprendimento ha luogo dopo aver combinato due drives diversi; si presentano cioè all’organismo due o più ricompense e l’organismo pone in essere comportamenti rinforzati da una anziché dalle altre ricompense sulla base dell’intensità della motivazione definita come relazione tra stato di deprivazione e valore rinforzante di una classe di stimoli. L’intensità degli interessi del soggetto determina l’ordine di priorità dei diversi comportamenti.
Il secondo schema è quello esemplificato nell’esperimento di Whiting-Mowrer, concernente l’apprendimento del correre verso il cibo scegliendo il percorso più breve. Abbiamo osservato che questo esperimento sembrerebbe differire dal precedente per il fatto che in quello il ratto aveva due drives (prodotti dalla deprivazione di cibo e di acqua), mentre nell’esperimento di Whiting-Mowrer il ratto ha apparentemente un solo drive (prodotto dalla deprivazione di cibo). Sembrerebbe quindi che nel primo caso l’organismo ponga in essere una scelta tra due diversi interessi aventi diversa intensità, cioè ponga in essere una scelta sui fini, mentre nel secondo caso, visto che si tratta di un solo interesse, ponga in essere una scelta tra due diversi mezzi che gli consentirebbero entrambi, ma con differente dispendio di energia, di ottenere il cibo. In realtà, come abbiamo fatto notare, la scelta opera in entrambi i casi con riferimento ai fini, cioè con riferimento a un insieme di interessi finali dell’organismo. Il fatto che, quando i due percorsi sono di differente lunghezza, come nell’esperimento di Whiting- Mowrer, il ratto fortemente deprivato scelga con una frequenza più grande il percorso più breve, deriva appunto dall’esistenza di una deprivazione di cibo marcatamente più intensa di altre deprivazioni che dobbiamo sempre supporre presenti; ciò significa che in questa ipotesi, come pure abbiamo detto, l’interesse a ottenere il cibo risulta molto più intenso di eventuali altri interessi, ad esempio di tipo esplorativo, che potrebbero portare il ratto a scegliere il percorso più lungo. L’esistenza di questi diversi interessi è stata dimostrata nell’esperimento di Dember-Earl-Paradise riferito in precedenza e risulta anche in esperimenti nei quali, anziché impiegare un labirinto o una scatola in cui sia possibile porre in essere solo una sequenza strumentale che porti all’ottenimento del rinforzatore, sono state realizzate situazioni implicanti due o più sequenze [pag. 8] operative strumentali equivalenti rispetto all’ottenimento del rinforzatore. Riferendosi a uno di questi esperimenti Mowrer afferma che «nella prima prova un ratto (o un altro animale di laboratorio) segue il corridoio destro dal punto di partenza al punto della scatola in cui è sistemato il rinforzatore. Ciò significa, presumibilmente, che l’animale ha, all’inizio, una tendenza maggiore a percorrere questo corridoio anziché l’altro; anche perché nel far ciò viene ricompensato. Ci si dovrebbe aspettare, quindi, che l’animale fissi immediatamente il suo comportamento su questo corridoio e non tenti mai di percorrere alternativamente il corridoio sinistro. Ma questo non succede. Nonostante il rinforzamento connesso all’aver percorso il corridoio inizialmente preferito, il ratto alterna in modo irregolare un percorso all’altro».[17]
A tale proposito Mowrer osserva che «in una situazione che consente un insieme di percorsi equivalenti rispetto alla acquisizione di una data ricompensa, esistono dei fattori che operano in modo diverso rispetto a quelli che, dal punto di vista dello sperimentatore, sono rilevanti ai fini dell’acquisizione della ricompensa. O forse noi non abbiamo ancora afferrato qualche principio veramente basilare della motivazione e dell’apprendimento. Naturalmente il fatto che un organismo abbia un drive o un motivo, quale la fame, non preclude la possibilità che esso possa simultaneamente avere altri motivi: paura, pulci, sesso e così via. Questi motivi tra loro in concorrenza potrebbero agire come “distrazioni” e quindi potrebbero essere considerati come deviazioni da quel tipo di comportamento che potrebbe sembrare, sempre allo sperimentatore, come il più efficiente e pratico».[18]
Si verifica appunto, in questa ipotesi, che una sequenza di comportamenti viene intersecata da un’altra sequenza di comportamenti. Il ratto infatti non segue sempre successivamente il percorso che ha seguito nella prima prova; al contrario nelle successive prove segue anche l’altro percorso. In questo caso l’interesse al cibo non ha un’intensità tale da determinare una sequenza di comportamenti compatta al massimo grado, in quanto tale sequenza può essere alternata con altre sequenze di comportamenti (strumentali), ad esempio di tipo esplorativo, che distraggono l’organismo dalla sequenza che è stata seguita durante il primo tentativo (o i primi tentativi) l’intensità dell’interesse al cibo e l’intensità dell’interesse ad esplorare potrebbero anche risultare eguali. [pag. 9]
Il punto centrale degli esperimenti di Rethlingshafer-Eschenbach-Stone e di Whiting-Mowrer, è dato dal fatto che tanto il comportamento che ha luogo dopo aver combinato due drives diversi, quanto il comportamento del correre verso il cibo seguendo il percorso più breve (ovvero del premere la leva con un ammontare di lavoro inferiore, come nell’esperimento di Herrick), risultano significanti come variabili sperimentali solo se sono associati a un elevato livello di deprivazione.
Se analizziamo ad esempio l’esperimento di Whiting-Mowrer tenendo presente questa precisazione, siamo in grado di isolare con maggiore precisione la relazione tra le variabili sperimentali che lo caratterizzano. Queste variabili sono da un lato il grado di deprivazione dell’organismo e dall’altro lato il comportamento consistente nel seguire uno dei due tragitti. Lo stimolo rinforzatore non viene preso in considerazione come variabile. Pertanto in questa prospettiva il grado di deprivazione costituisce la variabile indipendente, mentre il comportamento consistente nel percorrere uno dei due tragitti costituisce la variabile dipendente. Lo stimolo rinforzatore opera come parametro (variabile vincolata). Data una forte deprivazione, a parità di ricompensa, il ratto sceglie sempre il cammino più breve. Questo fatto viene di solito espresso col dire che il ratto si comporterebbe in modo da minimizzare lo sforzo (inteso come ammontare di lavoro richiesto per percorrere un tratto del labirinto o, nell’esperimento di Herrick, come ammontare di lavoro necessario per ciascuno spostamento della leva). Ma questa affermazione significa solo che a un dato grado di deprivazione corrisponde una serie operativa compatta. Si può quindi affermare che il percorso posto in essere dal ratto è tanto più breve quanto più è elevato il livello di deprivazione dell’organismo. Ovvero, più precisamente, che quanto più elevato è il livello di deprivazione del ratto, tanto più compatta è la serie operativa strumentale posta in essere per acquisire il rinforzatore positivo.
Questa esplicazione esclude pertanto qualsiasi riferimento a possibili comportamenti di scelta da parte dell’organismo. Gli esperimenti cui ci siamo riferiti possono essere esplicati prescindendo dall’introduzione di predicati non sperimentali quali scelta, massimizzazione e, con riferimento a quest’ultimo, utilità. Una corretta esplicazione dei fenomeni deve infatti fondarsi sull’individuazione di predicati sperimentali esattamente definiti, sulla determinazione dei criteri metodologici concernenti l’introduzione di nuovi predicati, nonché sull’esatta individuazione dei rapporti tra i predicati, in base alla relazione funzionale che caratterizza tutto il discorso scientifico su un piano sintattico. [pag. 10]
Se noi pretendessimo di introdurre nel nostro linguaggio sperimentale predicati quali scelta, massimizzazione, utilità prescindendo dall’individuazione dei criteri metodologici di collegamento di tali predicati ai preesistenti predicati sperimentali rigorosamente definiti, rischieremmo o di costruire un linguaggio pseudo-esplicativo, e quindi non scientifico, ovvero di ampliare arbitrariamente (sempre in senso pseudo-esplicativo) un preesistente linguaggio scientifico.
Inoltre, nell’introdurre i nuovi predicati siamo vincolati dall’esigenza che gli stessi siano tra loro, e con i preesistenti predicati sperimentali, collegati in modo tale da soddisfare alle condizioni poste dalla relazione funzionale che, come abbiamo detto, costituisce la preminente caratterizzazione sintattica del discorso scientifico. [pag. 11]
Indice della pubblicazione
L’analisi scientifica del comportamento di scelta
G.Bolacchi
1. L’analisi scientifica del comportamento. online
2. Il processo di discriminazione come processo di rinforzo. online
3. Il concetto di interesse. Interesse finale e interesse strumentale.
4. Il concetto di intensità dell’interesse. online
5. Esplicazione di alcuni esperimenti mediante il concetto di intensità dell’interesse.
6. Scelta, utilità, massimizzazione, come concetti pseudo-esplicativi. online
7. La struttura del discorso scientifico: la relazione funzionale. online
8. La relazione funzionale nella psicologia.
9. La relazione funzionale nella fisica.
10. Termini teorici e termini osservativi. I problemi della generalizzazione e dell’astrazione.
11. Le variabili intermedie in psicologia.
12. Il significato dei termini teorici nella fisica. L’esempio del campo elettromagnetico.
13. Il livello dei predicati. Relazioni tra predicati di diverso livello. online
14. La distinzione tra leggi sperimentali e teorie.
15. Le regole di corrispondenza. online
16. Analisi critica del concetto di regola di corrispondenza.
17. I postulati limitativi.